A CONVERSATION WITH ALBERT EINSTEIN
Presented below are the original text and an English translation of an interview conducted
by Aldo Sorani, and published on 26 October 1921 in the Rome newspaper Il Messagero.
COLLOQUIO
CON
ALBERTO EINSTEIN
Alto, robusto, di corporatura quasi balzachiana, ma con una faccia pallida del più puro
e dolce pallore d’Oriente e con due gravi occhi pensosi e malinconici nelle cui pupille sem-
brano specchiarsi tutte le consunzioni e le ascese spirituali delle generazioni ebraiche pas-
sate attraverso le ebbrezze sfibranti del martirio e del pensiero, Alberto Einstein, prima di
recarsi a tenere la sua prima lezione sulla teoria della relatività nell’antico Studio bologne-
se, risponde con una affaticata e bonaria attenzione alle mie domande.
Continiamo un colloquio incominciato ieri sera in una casa ospitalissima e stamani il
maestro è più libero di parlare, sciolto dai legami delle ammirazioni e delle curiosità che lo
hanno per lunghe ore assillato, e parla con quel suo italiano studioso e lento che districa il
pensiero dalla novità delle parole, quasi distillandolo e assaporandolo. Parlare non è il forte
di Einstein egli lo confessa neppure in tedesco. Lamenta di non aver virtù espressive.
Imputa a se stesso, alla sua deficienza di esteriorizzazione, molti dei tradimenti del suo pen-
siero che sono andati e vanno pel mondo. Ma d’altra parte, non ammette che la sua teoria
sia più astrusa di altre teorie scientifiche.
Gli ho promesso di non entrare nel campo strettamente scientifico e tecnico per non cor-
rere il rischio di tradirlo anch’io, ma non posso intanto esimermi almeno dal chiedergli a
che cosa egli attribuisca il fascino misterioso che la sua teoria diffonde intorno a anche
fuori del cerchio eletto della scienza, a che cosa egli crede dovuto l’entusiasmo anche po-
polare che gli palpita intorno e lo fa quasi un nuovo “idolo della folla.”
Due motivi principali egli mi dice contribuiscono a fare tutto questo rumore
internazionale sulla mia teoria. Il primo è che nella teoria della relatività si vede un qualche
cosa che allontana dalla vita umana, da questa vita umana d’oggi così tumultuosa, proble-
matica, così piena di crisi innumerevoli, di trapassi sociali e morali improvvisi. C’è nel
mondo un diffuso e confuso bisogno di uscire in qualche modo dal caos che la guerra ha
lasciato, di liberarsi dalla veste fangosa e insanguinata di cui tutti ci siamo trovati rivestiti,
di uscire da noi stessi. E il secondo motivo è questo, secondo me: che i movimenti impor-
tanti di pensiero, quelle che sono o vengon credute grandi innovazioni e maturazioni spiri-
APPENDIX G
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